Pubblichiamo qui un articolo che abbiamo trovato interessante riguardo un film che ci ha appassionati, al punto che, forse, insceneremo :)
Cena tra amici
di Elena Ciofalo
Trovare in una pellicola francese suggestioni tratte da Shakespeare e dalla musica autoriale italiana è possibile. Il film di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte è il quasi esordio cinematografico (Delaporte diresse La Jungle nel 2006), con evidente impostazione “da palcoscenico”, per i due autori padri dell'omonima opera teatrale. La presentazione dei cinque personaggi, in questa “pièce cinematografica”, è d'obbligo: Pierre è un docente universitario alla Sorbona, intellettuale di sinistra e sposato con Babou, insegnante scolastica, nervosa e trascurata madre di famiglia che “nutre dubbi per il futuro dell'istruzione pubblica”.
In un'altra coppia brilla invece la donna in carriera Anne e il destroide uomo di successo Vincent, fratello di Babou (e voice off della pellicola). Conclude il quadro l'ambigua figura del “caro amico di famiglia” Claude, trombonista lezioso e pieno di segreti. Il tutto ruota intorno a una cena tra questi amici, in cui i botta e risposta sincopati sfilano svelando gli stili di vita differenti dei personaggi a cui è magistralmente garantito uguale spessore nell'intreccio.
Quando Claude chiede “Allora, ce l'avete già l'idea sul nome?”, incontriamo la prima suggestione. Shakespeare e il suo “Che cos'è un nome? Quella che chiamiamo 'rosa' anche con un altro nome avrebbe il suo profumo” echeggiano per la stanza della cena nel film, e per la sala. Evidentemente gli amici di Vincent non la pensano come la shakespeariana Giulietta, perché quando Vincent annuncia il nome pensato per il nascituro tutti si ribellano. Quello che poi si scopre essere un infelice scherzo di Vincent sulla scelta del nome si estingue dopo poco, ma dura quanto basta per rompere l'armonia e scatenare rancori.
Ormai gli ingranaggi si sono inceppati, o meglio sono stati oliati per lasciar scorrere, veloci e pericolosi, argomenti taciuti che emergono con fragore e colpi di scena. E che, in aggiunta, lasciano lo spettatore divertito e compiaciuto per l'arguzia con cui vengono sviluppati. Ed è qui che incontriamo la seconda suggestione, stavolta proveniente dai musicisti italiani Marlene Kuntz, che dipingono bene un momento del genere nei versi “ci sedemmo a due a due/sbagliando le accoppiate/il copione era tutto nelle occhiate”, in una situazione tipicamente borghese, acuta e sfiancante, ricca di battute e affondi. In questa sfilata di dialoghi, il perfetto bilanciamento dei personaggi, per cui a ognuno sono concessi i propri “quindici minuti di celebrità”, è a tratti destabilizzante e foriero di brillanti e divertenti colpi di scena.